"Questa è la tecnologia che aiuta le aziende che investono nella trasformazione digitale"
Stefano Mainardi, CEO di SparkFabrik: “Il software è il fattore determinante di crescita delle aziende. L’innovazione oggi parte dal Cloud.”

L’Osservatorio Cloud Transformation del Politecnico di Milano, giunto all'undicesima edizione, mette in evidenza l’importanza strategica del Cloud come abilitatore della trasformazione digitale delle aziende. In costante crescita infatti la percentuale di realtà italiane, piccole e medie, che decide di investire nella transizione digitale. E si passa addirittura dall’approccio Cloud Computing al Cloud Native, più veloce, agile e scalabile.
Quali le differenze, i costi e i benefici tra i vari sistemi? A chi rivolgersi per decidere se convenga davvero optare per il Cloud? Tiscali News ha intervistato Stefano Mainardi, CEO di SparkFabrik tech company nata nel 2015 con base a Milano. Il team di SparkFabrik è composto da 32 persone, gran parte delle quali Software Engineers, Cloud Native e DevOps engineer, Strategist e Designer che si occupano di progettare e sviluppare applicazioni Cloud Native, sistemi e infrastrutture cloud attraverso le più recenti tecniche DevOps.
Stefano, il Cloud Native è stato definito l’ultima big thing del settore IT. Perché? Quali vantaggi offre rispetto al Cloud Computing?
“Rispetto a un approccio tradizionale, il Cloud-Native offre tre grandi vantaggi per il business: aumenta la flessibilità delle applicazioni, eliminando le dipendenze tra servizi e dall'infrastruttura; accelera la capacità di risposta degli sviluppatori, che possono operare tra servizi e con l'infrastruttura; ottimizza l'impiego delle risorse grazie all'automazione, riducendo l'errore umano.
Affrontare un percorso in questa direzione, che sia green field o attraverso una modernizzazione dei processi, dà ottimi risultati sia in termini strategici, dato che il Cloud Native concretizza vantaggi come la velocità di delivery e l’ottimizzazione della user experience permettendo al business di lavorare meglio e di aumentare i profitti; sia in termini operativi, perché consente di supportare i developer nella collaborazione con le Operations e nell’organizzazione del lavoro in modalità agile.
In particolare la possibilità di creare applicazioni Cloud Native che siano ottimizzate proprio per il modello di Cloud Computing assicura alle organizzazioni e aziende che i loro sistemi IT siano snelli, stabili e molto più facilmente adattabili all'accelerazione della digital transformation. La sua adozione però non deve essere vista come una semplice riorganizzazione, quanto piuttosto come una vera e propria trasformazione digitale che prevede una fase di pianificazione e preparazione”.
L’adozione del Cloud Native quanto impatta sul Sistema Informativo aziendale (a livello organizzativo e di costi)?
“A questa domanda non corrisponde una risposta univoca, né quantitativamente oggettiva. Dipende da numerose variabili. Ed è per questo che è fondamentale un’analisi preliminare per definire a che punto del modello di maturità del Cloud-Native si trova già l’azienda in modo da acquisire la consapevolezza necessaria e ridurre drasticamente rischi di scelte sbagliate o fallimento di adozione. Per questo tipo di assessment ci basiamo sul CNMM, il Maturity Model definito all’interno del landscape CNCF che prevede anche gli impatti a livello di organizzazione aziendale. Solo a quel punto è possibile valutare e provare a quantificare”.
Cos’è il Cloud Native Journey? In che modo aiutate le organizzazioni a seguire un percorso strategico di adozione del nuovo approccio?
“Partiamo dal presupposto che Cloud-Native non è semplicemente spostare in cloud il proprio stack tecnologico, se così fosse parleremmo di Cloud Migration. Cloud-Native è un approccio a tutto tondo il cui scopo è modernizzare gli applicativi già esistenti per ottimizzarli e trarne il massimo vantaggio all’interno del nuovo scenario, svilupparne di nuovi in base alle pratiche DevOps più recenti e disegnare architetture infrastrutturali capaci di trasformare monoliti in elementi applicativi singoli, indipendenti, facilmente aggiornabili, correlati tra loro in sistemi articolati e distribuiti, i microservizi. All’interno di questo panorama complessissimo, la nostra esperienza sul campo ci ha permesso di identificare un journey chiaro per accompagnare le aziende verso la completa adozione, facendo piccoli passi. Si tratta di un percorso strutturato, fatto di tempistiche chiare e deliverable definiti, che permette di individuare le giuste decisioni a monte, dotarsi di un piano concreto e ridurre costi e incognite: in altre parole è una sorta di pacchettizzazione di servizi professionali di onboarding che permette di avere chiaro il tracciato e gli effort richiesti, di qualunque natura essi siano. Quello che crediamo possa fare la differenza e possa avere valore per il team interno all’azienda, e quindi di riflesso per il business, è l’affiancamento costante che permette un knowledge transfer basato sulla concretezza delle attività progettuali: non un passaggio di know-how teorico, bensì una personalizzazione della conoscenza in base allo scenario specifico del cliente”.
Artificial Intelligence e Big Data Analysis che tipo di effetto hanno sui trend evolutivi dell’offerta Cloud, sui modelli di business?
“Sono temi di grandissima rilevanza e fortemente interconnessi l'uno con l'altro. Gli strumenti di Big Data Analytics e Intelligenza Artificiale sono dei componenti chiave per i Cloud Vendor e il Cloud-Native apre le porte alle immense potenzialità che la loro integrazione può rappresentare.
Sono tecnologie e processi che oggi si completano a vicenda. Le aziende producono e hanno accesso quotidianamente a enormi quantità di dati che diventano il perno su cui vengono basate le strategie di business e decise le sorti di un prodotto sul mercato, per questo è necessario dotarsi di strumenti adeguati che permettano alle aziende di prendere decisioni tempestive e maggiormente informate.
Bisogna essere consapevoli che la semplice raccolta dati, senza la corretta analisi, purtroppo non porta ad alcun risultato. I dati devono essere raffinati, elaborati e trasformati in informazioni davvero utili al business. Si tratta di un processo molto costoso, per questo le PMI hanno fatto fatica ad elaborare strategie basate sui dati.
Gli strumenti offerti oggi dai Cloud Vendor permettono di poter accedere a costi contenuti a strumenti molto potenti di gestione, moderazione e analisi dei dati e che permettono di integrare facilmente algoritmi di machine learning e AI.
Si tratta di un momento storico molto favorevole che le PMI italiane dovrebbero cogliere per avviare e implementare una strategia basata sui dati e poter competere in modo più efficiente nel mercato, non solo quello italiano".
Stefano, la vostra Fabbrica fa veramente “scintille”: avete chiuso il 2020 con un fatturato di 1.8 milioni di euro e segnate una crescita del +60% nei primi cinque mesi del 2021. Tra i clienti annoverate anche realtà molto grandi. Tutto merito del Cloud Native?
“No, il Cloud-Native è stato un naturale step evolutivo. Noi ci definiamo una Tech Company e la nostra forza iniziale, anni fa, è derivata dalla scelta di adottare tecnologie open-source e proporre ai nostri clienti tecnologie future-proof. L'innovazione, per noi, è risultato di un impegno comunitario, prima che di singole aziende o singoli individui. La collaborazione, il fare rete per mettere a fattor comune le nostre skill e competenze, ci sta permettendo di essere riconosciuti come un gruppo di lavoro affidabile e in grado di portare nelle aziende italiane approcci e tecnologie moderne che consentono di migliorare le prestazioni e avere vantaggio competitivo nel mercato.
Ovviamente rimaniamo con i piedi ben piantati per terra, perché la crescita porta in dote molte sfide da dover affrontare, ad esempio in termini di organizzazione e processi interni dato che la crescita di fatturato corrisponde ad una crescita di persone. Faremo degli errori, ma probabilmente saranno necessari per continuare a fare scintille”.
SparkFabrik è membro della CNCF, la Cloud Native Computing Foundation, creata nel 2015 dalla Linux Foundation per promuovere il Cloud Native Computing. Cosa significa seguire la filosofia dell’open source?
“Come accennavo nella risposta precedente, l’open-source è un mindset. La spinta a condividere proprio codice sorgente con decine di migliaia di sviluppatori nel mondo ci porta ad essere estremamente trasparenti. Nel momento in cui viene meno il vendor lock-in sui business, noi fornitori veniamo valutati per la capacità effettiva di gestire progetti (e quindi di organizzare il lavoro internamente) e per la qualità di codice sviluppato senza dover stringere cappi al collo ai clienti, che a quel punto hanno il vantaggio di avere a disposizione migliaia di risorse che possono prendere in carico e portare avanti progetti già in essere, qualora ci fosse la volontà di cambiare il fornitore stesso. Open source come conoscenza condivisa e accessibile, e potenziale libertà di movimento: due elementi che in uno scenario dinamico e schizofrenico come quello attuale danno un minimo di sicurezza”.
