Nasce Innovazione Circolare: la startup che guida le aziende verso la sostenibilità

L’iniziativa mette a disposizione delle aziende un ecosistema multifunzionale per guidare la transizione verso l’economia circolare e la digitalizzazione, offrendo consulenza e formazione e dando vita a progetti di ricerca e sviluppo

Economia Circolare
Economia Circolare

Accelerare e farlo in direzione di nuovi modelli di business, sostenibili, green e digitali. Questa la mission della startup innovativa  Innovazione Circolare, promossa dall’esperienza ultraventennale di professionisti e imprenditori, che da sempre lavorano sui temi della sostenibilità, dell’economia circolare e dell’innovazione: Aida Partners (Alessandro Paciello, Marco Delle Donne, Gianna Paciello); Adagio 23 (Giovanni Abelli) e Umberto Bernasconi. Dalla loro unione è nato questo ambizioso progetto, che vuole mettere a disposizione di altre startup e di PMI italiane un ecosistema per adeguare la natura e l’operato di queste realtà al nuovo modo di fare impresa. 

Come testimoniato dall’undicesima Rapporto GreenItaly 2020, che Fondazione Symbola e Unioncamere hanno presentato lo scorso autunno e che ha misurato la forza della green economy nazionale, l’adozione di percorsi di economia circolare, con un conseguente uso maggiormente efficiente delle risorse e una riduzione delle importazioni di materie prime, può comportare un risparmio annuo di 72 miliardi di euro per le imprese europee. Inoltre, ragionare in modo sostenibile e adottare pratiche aziendali più verdi potrebbe comportare anche una svolta dal punto di vista dell’occupazione.

Secondo il rapporto, infatti, gli attuali 580.000 posti di lavoro potrebbero aumentare a 867mila, se al riciclo si accompagnassero a livello europeo e nazionale misure ambiziose per il riuso; inoltre, il 38% del fabbisogno di lavoro di professioni con competenze “green” dal 2020 al 2024. Tuttavia, sono già 432mila le imprese italiane, dell’industria e dei servizi, ad aver investito in prodotti e tecnologie green, così come nel 2019 è stato registrato un picco con quasi 300mila aziende che hanno investito sulla sostenibilità, efficienza e innovazione. Per quanto riguarda il futuro delle imprese green-oriented, infine, si legge sempre nel Rapporto: il 21 % di queste prevede incrementi del proprio fatturato (15% per le imprese non eco-investitrici); l’11 % prevede incrementi dell’occupazione (8% per le imprese non ecoinvestitrici); il 21% prevede incrementi dell’export (15% per le imprese non ecoinvestitrici).

 Gli obiettivi di Innovazione Circolare

Alla luce di questi dati, e di questo cambio di paradigma sempre più rapido, Innovazione Circolare si è pertanto posta una serie di obiettivi, per fornire un aiuto concreto alle imprese, guidandole nel processo di cambiamento:

  • accelerare progetti di startup o PMI, innovative e non, che potranno accedere a servizi di consulenza legati all’innovazione, alla comunicazione e all’economia circolare, anche attraverso operazioni di carattere industriale e finanziario;

    formare mediante l’erogazione di corsi strutturati dedicati alla creazione e alla valorizzazione dell’economia circolare e funzionali alla definizione di figure professionali come quella del Circular Manager, in partnership con importanti istituzioni presenti sul mercato;
  • contribuire alla ricerca e allo sviluppo, in collaborazione con istituzioni pubbliche e private, centri di ricerca, atenei universitari e partner tecnologici internazionali, sempre nell’ottica di una trasformazione digitale e sostenibile. A tal riguardo Innovazione Circolare ha già avviato un progetto di R&S per la creazione di un sistema autonomo e automatico per la valutazione del livello di sostenibilità e innovazione dell’impresa, capace di aggiornare, registrare e proiettare periodicamente, in modalità disintermediata e decentralizzata, il rating e il ranking nel periodo di osservazione;

    fornire competenze e agevolare il networking tra professionisti del settore, che mettono a disposizione le proprie competenze in un dialogo solidale e virtuoso da azienda ad azienda.

“Investire in innovazione e sostenibilità attraverso la digitalizzazione è fondamentale per le imprese, di ogni dimensione. I mercati concentreranno sempre più energie e risorse nello sviluppo di progetti innovativi, dal punto di vista ambientale, sociale ed economico”, dichiarano i fondatori di Innovazione Circolare. 

Buone pratiche da cui iniziare, la figura del Circular Manager e cosa possiamo fare per dare più spazio a questo tema

Tiscali News ha chiesto ai fondatori di Innovazione Circolare come iniziare a lavorare in modo più sostenibile e di spiegare la nuova figura del Circular Manager.

Startup e PMI più green e responsabili. Quali sono le buone pratiche da cui iniziare?

La “presa di coscienza” che non si possa semplicemente subire il cambiamento del paradigma economico in atto verso l’Economia Circolare, ma che si debba esserne virtuosamente protagonisti. Ciò significa modificare se non rivoluzionare l’approccio sia al proprio interno che al mercato. Ma non solo nell’ottica della riduzione degli sprechi e del recupero dei materiali e dell’energia non utilizzata o male utilizzata ma accelerando altresì il processo di innovazione verso la sostenibilità attraverso le tecnologie digitali per agevolare il cambio di approccio necessario per tale svolta. Il nuovo confronto con l’Economia Circolare significa anche un diverso e maggiormente coinvolto approccio ai territori nei quali si opera e dai quali si trae la linfa vitale che serve alla sopravvivenza e allo sviluppo. Significa contribuire a preservare e promuovere i “genius loci” evitandone la dispersione al di fuori degli ambiti nazionali; significa contribuire ai passaggi generazionali nelle aziende tutelando i “saper fare” locali; significa quindi presidiare i territori evitandone il depauperamento e il conseguente abuso ai danni della collettività locale.

Chi è il Circular Manager? Quali compiti ha e quali benefici può portare ai business internalizzando questa figura?

Il “Circular Manager” è una nuova figura professionale che deve saper coniugare competenze filosofiche e ideologiche e competenze tecniche sul tema dell’Economia Circolare. Deve quindi passare prima da una profonda comprensione sociologica, economica e politica della transizione in atto, per poi saper fare “atterrare” queste competenze in azioni concrete sia all’interno dell’impresa che verso l’esterno. Redigere oggi un “piano industriale” di sviluppo non può prescindere da queste competenze sul nuovo paradigma economico con il quale ci stiamo confrontando e che dobbiamo obbligatoriamente affrontare, in ogni mercato e a più livelli. Con una competenza interna all’impresa sul tema della Circular Economy si ha il vantaggio di poter impostare dall’interno, e seguire poi passo passo, la trasformazione dell’azienda che si va ad adattare ai cambiamenti in atto per meglio sfruttarne le potenzialità, anche nel senso del mercato finanziario oggi sensibile a intervenire contribuendo a questi mutamenti epocali. Ma, per ottenerne il contributo, si deve essere in grado non solo di parlare il linguaggio finanziario, ma anche quello che oggi lo sta trasformando nell’ottica dei concetti della Green Economy. Sono competenze “olistiche” ancora poco presenti sul mercato del lavoro e presso la cultura manageriale. Ma ce n’è un urgente e straordinario bisogno.

I benefici di questo approccio sono incredibili. Come mai, però, sono poco conosciuti e cosa si sta facendo a riguardo?

A oggi sono ancora poco conosciuti, ma in rapida e trasversale diffusione. La svolta è cominciata con la sensibilizzazione del mercato finanziario rispetto ai temi della Green Economy. Dal famoso “Manifesto di Black Rock” in avanti, la finanza mondiale ha operato una svolta epocale verso l’Economia Circolare. Da quel momento, e con rapidissima evoluzione, si è innescato un meccanismo finalmente virtuoso verso un approccio economico, manifatturiero e di consumo sempre più responsabile e consapevole. Si ottengono così, e sempre più si otterranno, non solo minori impatti sull’ambiente, ma anche risparmi economici nell’utilizzo delle risorse, migliori condizioni di lavoro. Minori volumi nei consumi di massa, forse, ma più improntati alla qualità e quindi alla sostenibilità del Pianeta e alla sua difficile sopravvivenza. E anche la politica sta rapidamente affrontando il cambiamento. Basti pensare alla creazione del Ministero della Transizione Economica del Governo italiano, per esempio, e a casi analoghi un po’ in tutto il mondo. Siamo di fonte a una rivoluzione, questa volta non cruenta e drammatica, ma, piuttosto, virtuosa e salvifica. Speriamo sia perseguita fino alla fine e che sortisca già da subito gli effetti desiderati per tutta la collettività mondiale e per i territori che questa occupa e frequenta.