Sorpresa: l'Italia ha scelto di essere all'avanguardia nel settore blockchain, sebbene per ora ancora solo a parole
Dichiarazioni importanti verso la nuova dirompente tecnologia sono arrivate dal sottosegretario allo Sviluppo economico e dal ministro dell'Agricoltura

Non sempre l'Italia risulta essere un Paese refrattario all'innovazione tecnologica. Infatti sebbene il sistema Paese purtroppo spesso non risulti essere particolarmente all'avanguardia, esistono invece delle singole e piacevoli eccezioni che non hanno nulla da invidiare a quelle di altri paesi.
Ma questa volta è diverso: nel caso dell'innovazione tecnologica legata alla blockchain è lo Stato stesso a scendere in campo.
Negli ultimi giorni infatti si contano ben due prese di posizione esplicite da parte di due esponenti dello stesso governo del paese.
La prima è del Sottosegretario allo Sviluppo Economico Mirella Liuzzi, che in occasione del vertice europeo sulle nuove tecnologie dei paesi del MED7 (ovvero i 7 Paesi dell'Europa del Sud), ha dichiarato che la blockchain e le tecnologie basate sui registri distribuiti possono essere un volano per promuovere le specificità dei nostri territori e tutelare i nostri prodotti da frodi e contraffazioni.
Le ha fatto eco pochi giorni dopo il Ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova, che durante un’audizione presso le Commissioni Agricoltura della Camera e del Senato ha dichiarato che, per tutelare i cittadini e assicurare la tracciabilità dei prodotti alimentari, si vuole favorire l’utilizzo di tecnologie avanzate come la blockchain.
Tutto ciò è reso possibile da una legge approvata lo scorso anno dal precedente governo, che di fatto dà valore legale ai dati registrati su blockchain, sebbena ancora solamente in teoria.
Infatti mancano ancora alcuni decreti attuativi che identificano quali criteri debba possedere una blockchain perchè in Italia i dati in essa registrati vadano considerati validi a livello legale, ma si presume che nel corso dei prossimi mesi questa lacuna possa essere colmata.
Questa legge è un caso più unico che raro al mondo. Sia chiaro, però: si riferisce all'immutabilità dei dati memorizzati su blockchain pubbliche, e non alle criptovalute native di quelle stesse blockchain.
Ovvero non è una legge che opera in ambito finanziario, ma che si limita a stabilire per legge che, data la virtuale immutabilità dei dati registrati su blockchain pubbliche aventi determinate caratteristiche, qui dati stessi possono essere utilizzati con valore legale.
Tutto ciò apre ampi spiragli allo sviluppo di nuovi strumenti a servizio in particolare della tutela dell'origine dei prodotti, e dell'anti-contraffazione. Proprio per questo motivo il sottosegretario Liuzzi ed il ministro Bellanova hanno esplicitamente citato queste tecnologie come una possibile soluzione da integrare nei sistemi di tracciabilità del cosiddetto Made in Italy.
A dire il vero per ora di concreto non c'è ancora nulla, visto che le uniche iniziative già operanti in tal senso sono private e spesso straniere, ma si tratta ancora di un mercato in fase pionieristica in cui ci sono ampi spazi di manovra. L'importante sarà non tergiversare, e concretizzare al più presto questa piacevolmente anomala iniziativa pubblica italiana di precorrere i tempi rispetto ad altri paesi.
In realtà un progetto pubblico in questo ambito c'è già. È la cosiddetta "criptovaluta di Napoli", ovvero un token emesso dal Comune di Napoli per premiare comportamenti virtuosi dei suoi abitanti, ma si tratta di una moneta complementare come ce ne sono già diverse in circolazione in giro per il mondo.
Inoltre non va dimenticata la vera e propria bitcoin-valley di Rovereto, dove molti esercizi commerciali accettano già da tempo pagamenti in bitcoin. Si tratta però fondamentalmente di un'iniziativa privata.