Musica e tecnologia al confine tra suono e rumore per comunicare paure e psicosi contemporanee
Patrizia Mattioli, musicista compositrice performer di computer music, racconta a Tiscali News come la tecnologia trasformi la musica in performance multimediale

Il processo innescatosi tra musica e tecnologia, a partire dagli anni Cinquanta del Novecento, è pressoché simbiotico. Dal supporto ai sistemi di registrazione, diffusione e fruizione di suoni e musica; alla creazione di strumenti dalle potenzialità inimmaginabili; ad una vera e propria rivoluzione del gusto e dell’estetica musicali. Ciò che spesso si dimentica è il fatto che la musica elettronica sia nata come ricerca di nuove forme ed espressioni musicali.
Tiscali News ha chiesto a Patrizia Mattioli, da oltre un trentennio ricercatrice nel settore della ricerca sonora, di rivelare alcuni segreti del mestiere di performer, compositrice, e quali siano le prospettive per un ambito culturale così di nicchia.
Patrizia, Lei ha un diploma in clarinetto presso il Conservatorio Arrigo Boito di Parma. Dopo alcuni anni di collaborazioni artistiche in ruoli di clarinettista e tastierista presso gruppi di avanguardia musicale, nel 1989 inizia a sperimentare ricerca sonora con Lenz Rifrazioni Lenz Teatro e vince nel 2000 il concorso a Parigi di composizione elettroacustica all’Ircam (Institut de Recherche et Coordination Acoustique/Musique). Formazione musicale accademica e passione per la tecnologia: quale il peso di entrambe le conoscenze nel percorso personale e artistico compiuto in seguito?
“Quando si parla di musica elettronica, tendenzialmente si fa riferimento a quella musica composta, prodotta e diffusa grazie a sistemi di generazione e riproduzione del suono di tipo elettronico analogico o informatico digitale, a seconda delle tendenze nei decenni”.
“Non è solo la tecnologia alla base dell’universo musicale in questione a qualificarlo come tale però. Nella storia di questo complesso mondo vi sono state parecchie macro e micro-definizioni, per lo più di natura estetica, ugualmente assegnabili al calderone musica elettronica: per quanto riguarda la musica su supporto si è parlato di musica concreta, musica acusmatica, computer music, musica aneddotica (o acusmatica-aneddotica); sono stati coniati anche termini che indicano tipologie differenti di musica elettronica maggiormente legate all’interattività, ad esempio il live electronics e la definizione di installazione sonora o di sonorizzazione, il tutto spesso incluso nell’insieme della musica elettroacustica”.
"Il percorso compositivo all’interno della compagnia è durato 8 anni, la sperimentazione timbrica si è evoluta passando dalla strumentazione classica fino all’analogico, synth campionatori, registrazioni, concept sound di paesaggi sonori per installazioni con artisti visivi, poesia sonora, drone music".
“La mia ricerca verso il digitale ha attraversato le urban cities, ascolti di soundscapes urbani, jukebox digitali, overtones immaginari. Non riuscivo a rimanere nel sistema tonale classico. La rivoluzione della musica assistita come la chiamerebbero a Parigi dove ho studiato informatica musicale, mi ha spinto sempre più ad avere stimoli “sonici” differenti. La musica per me è arte, scienza, una forza emozionale, politica, che deve vibrare e risuonare nel corpo. Il suono è in continuo mutamento, si sposta, oscilla, non è mai lo stesso. La tecnologia mi permette di esplorare tutto questo”.
Negli ultimi anni sono nate collaborazioni importanti, legate a concerti, performance teatrali, interludi per voce e suono, sinfonie per voci ed elettronica, lodate dalla critica: le attuali forme di comunicazione multimediali, multisensoriali, che impatto hanno sullo spettatore chiamato ad agire, non solo a subire, la performance?
“Per adattarsi a questo tipo di musica credo che lo spettatore debba espandere i propri pensieri, abbandonarsi, essere libero da cliché, essere libero dentro se stesso. Mi è capitato qualche anno fa di suonare in una frazione di montagna sperduta, il pubblico era solo del luogo, anziani che non avevano mai sentito poesia sonora soprattutto con elettronica, declamare versi con effetti microfonici azzardati. Erano liberi … ed hanno agito, ossia mi hanno riportato delle sensazioni e flussi di pensieri incredibili”.
Lei ha vissuto anche a Londra e Parigi entrando in contatto con artisti, compositori e registi di cortometraggi, attori, danzatori, quali le novità di genere ancora lontane dalla cultura italiana, e viceversa?
“Quando ho vissuto all’estero, le novità erano tante e comunque sempre in anticipo rispetto all’Italia. Noi dobbiamo essere più spericolati e coraggiosi”.
L’insegnamento serio delle materie musicali, in Italia, è relegato a Licei Musicali, Conservatori e Accademie. Il livello dei ragazzi diplomati in questi istituti è molto alto, ma la possibilità di trovare lavoro è ridotta all’osso. Quali le prospettive di impiego per i ragazzi che decidano di approfondire le tecnologie musicali?
“Le prospettive che riguardano le tecnologie musicali a mio parere sono diverse, dalla scrittura di colonne sonore per videogames, jingle pubblicitari, musiche per spettacoli dal teatro alla danza, performance multimediali, interazioni con aziende. Il dialogo tra tradizione e contemporaneità migliora entrambe. Esplora e crea nuove possibilità”.
Patrizia, Lei è stata docente presso laboratori che hanno coinvolto bambini, adolescenti e adulti. L’impatto della musica “tradizionale” sullo sviluppo emotivo, cognitivo, motorio, non solo dei bambini, gode di una ricca bibliografia scientifica. Possiamo aggiungere che, oggi, la tecnologia ha aggiunto valore alle varie forme di musicoterapia?
“Ritengo che l’apporto della tecnologia aiuti a ricercare, innovare e una maggiore consapevolezza di stare in ascolto. Per esempio il laboratorio sulle passeggiate sonore o soundscapes walking ha permesso di fare un’esperienza multisensoriale nuova ed inaspettata per una classe delle scuole medie. Progetto con Associazione Culturale Ascolto. Si è parlato di ecologia del suono”.
“Ogni classe ha effettuato un'escursione nel parco cittadino durante la quale, indossate le cuffie auricolari a contatto con microfoni esterni ha ascoltato amplificati, i suoni della natura e tutti quelli che componevano il Paesaggio Sonoro della loro Passeggiata”.
“L'apparecchiatura, collegata ad un registratore digitale portatile, ha permesso di registrare la loro esperienza, con tutti i suoni, compreso le loro voci ed i loro commenti, in modo da fissare l'esperienza della classe e dei singoli. La pratica è proseguita in classe insieme ai professori dove si è utilizzato il materiale registrato durante la passeggiata sonora: vere e proprie composizione di suoni e voce e musiche, create dai ragazzi con l'utilizzo della tecnologia”.
L’ascolto come consapevolezza, “la consapevolezza di stare in ascolto”. La tecnologia, spesso concettualmente legata a qualcosa che sta al di fuori dell’individuo, se applicata alla musica aiuta l’individuo a riflettere su se stesso.