Non si ferma il boom di fake news sulla pandemia. Ecco in che modo chi le diffonde guadagna miliardi
Secondo un rapporto di NewsGuard nei principali paesi occidentali i siti attivi nella disinformazione sul Covid-19 sono centinaia e complessivamente riescono a generare introiti pubblicitari per 2,6 miliardi di dollari l’anno

L’ultimo rapporto di NewsGuard ha individuato nei principali paesi occidentali oltre 500 siti di “notizie” che fanno sistematicamente disinformazione sulla pandemia pubblicando decine di bufale sui vaccini contro il Covid-19. Fino a qui niente di nuovo all'orizzonte. Ma dal rapporto emerge un dato che aiuta a fare chiarezza sulle vere cause del fenomeno: complessivamente i siti di disinformazione riescono a generare introiti pubblicitari per 2,6 miliardi di dollari l’anno.
Sotto esame il 95% delle notizie che creano engagement
NewsGuard si è affermata come una delle organizzazioni più importanti nel monitoraggio della qualità dell’informazione nei paesi occidentali. Quotidianamente analizza i contenuti dei siti di notizie responsabili del 95% dell’engagement negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Francia e in Italia. Ovvero il 95% dei contenuti che generano una reazione online dei lettori (un commento, una condivisione, un like).
Oltre 500 i siti colpevoli di disinformazione
Fondata nel marzo 2018 dall’imprenditore dei media Steven Brill e dall’ex publisher del Wall Street Journal Gordon Crovitz, NewsGuard ha analizzato ben 6730 domini internet. Di questi ben 519 hanno pubblicato disinformazione sul Covid. Detto in termini statistici: ben il 7% dei siti di notizie più seguiti nei principali paesi occidentali ha pubblicato argomenti dannosi sull’argomento.
Le bufale più virali
Le bufale che hanno avuto una considerevole diffusione sono state una cinquantina. Queste alcune delle più rilevanti segnalate nel rapporto
I vaccini a mRNA modificano il DNA umano
Il vaccino contro il COVID-19 causa infertilità nel 97% dei vaccinati
I vaccini contro il COVID-19 aumentano il numero delle varianti del virus
Alcune linee aeree, soprattutto in Spagna e in Russia, sconsigliano alle persone vaccinate contro il COVID-19 di volare per il rischio di trombosi
Il filo conduttore è dunque sempre lo stesso: disincentivare la vaccinazione in quanto dannosa per la salute.
Il motore della disinformazione è il profitto
Chi sono gli autori di questa massiccia campagna di disinformazione? NewsGuard non fornisce le identità (nomi e cognomi dei responsabili) ma aiuta a comprendere i meccanismi che ci sono dietro il fenomeno. E contrariamente a quanto pensa la maggioranza delle persone, chi diffonde fake news sul Covid non lo fa perché davvero crede che il vaccino sia pericoloso ma semplicemente perché guadagna soldi. Il motore della disinformazione è il profitto. Nient’altro.
Il modello di business dell'informazione online
Per capire il punto precedente è necessario soffermarsi sul modello di business su cui si reggono i siti di informazione online: la pubblicità. Ogni contenuto pubblicato in rete da un attore che non sia un cittadino privato ha una duplice funzione: trasmettere un messaggio e raccogliere denaro grazie al traffico di utenti che visualizzano le inserzioni pubblicitarie ospitate nel sito.
Ricavi miliardari per i siti di disinformazione
Secondo i dati pubblicati da NewsGuard (basati su uno studio realizzato da Comscore) i siti che fanno disinformazione ogni anni riescono ad accaparrarsi una fetta di ben 2,6 miliardi della spesa pubblicitaria online delle aziende. Una montagna di denaro dunque che finisce nelle tasche dei creatori di bufale su salute e medicina.
La disinformazione genera traffico
Dal rapporto di NewsGuard emerge inoltre che i siti web che diffondono informazioni false sui rischi dei vaccini generano spesso molto più traffico di tanti altri siti generalmente affidabili. E la cosa non sorprende visto il forte coinvolgimento emotivo che il tema suscita nelle persone ed in particolare nei no vax che sono mediamente più attivi sui social rispetto a chi ha deciso di vaccinarsi.
Perché le aziende fanno pubblicità sui siti di disinformazione?
A questo punto in tanti potrebbero chiedersi: perché le aziende fanno pubblicità nei siti responsabili delle fake news? Possibile che siano così ciniche? La spiegazione è molto semplice: le aziende sono inconsapevoli del fatto che le loro pubblicità finiscono nella rete della disinformazione. Il finanziamento è dunque involontario.
Le piattaforme automatizzate che gestiscono la pubblicità
La risposta alla domanda del punto precedente inevitabilmente ne solleva una seconda: come è possibile che una azienda finanzi involontariamente un sito di bufale? Anche in questo caso la spiegazione è semplice ed ha a che fare con la tecnologia sottostante il mercato pubblicitario. Le inserzioni vengono gestite da piattaforme completamente automatizzate che si limitano ad incrociare domanda e offerta, esattamente come avviene in un mercato borsistico. Se vendo un pacchetto di azioni in una piattaforma di trading online non ho minimamente idea di chi sia il mio acquirente. Il mercato pubblicitario funziona allo stesso modo incrociando in maniera anonima la richiesta delle aziende che cercano visibilità con gli spazi messi a disposizione dai siti che fanno informazione.
Il risultato può essere addirittura paradossale. NewsGuard ha segnalato che oltre 4.000 noti marchi hanno finanziato siti che promuovono disinformazione sul Covid e tra queste migliaia di aziende figurano anche i produttori di vaccini.
L'illusione del popolo dei no vax
Chi è contrario ai vaccini (il cosiddetto popolo dei no vax) non deve dunque farsi troppe illusioni. Sottraendosi alla vaccinazione non si sta sottraendo alla logica del profitto o all’avidità di qualcuno. Sicuramente non sta facendo guadagnare le grandi case farmaceutiche ma sta facendo arricchire tanti speculatori senza scrupoli che vedono la pandemia come un semplice tema da cavalcare per fare profitti pubblicitari. E il modo più veloce e sicuro per farlo è puntare sulle fake news che generano traffico in abbondanza.