Dal possesso all’accesso: il futuro dei nostri figli è fluido e immateriale
Il digitale impone ai nostri figli un cambiamento di prospettiva che va dal possedere all’accedere, ma noi adulti siamo pronti ad aiutarli?

I nostri ragazzi si stanno spostando verso un Mondo in cui l’idea stessa di possesso viene sempre meno.
Spotify, Google Play e AppStore, Netflix, Instagram, Uber, Enjoy, software e Apps concessi in abbonamento e piattaforme simili hanno tutte una cosa in comune: non vendono i loro prodotti o servizi, ma ne permettono l’accesso.
Stiamo parlando di una rivoluzione nel modo con il quale concepiamo le transazioni dei prodotti e dei servizi, una situazione che per noi adulti è una novità ma che per i nostri ragazzi, nati e cresciuti all’interno di questo Sistema, non solo rappresenta la norma, ma anche il loro Futuro.
La rivoluzione operata dall’Era dell’Informazione e il Digitale: benvenuti nell’Era dell’accesso
Un tempo era il mondo materiale, denso, discreto, meravigliosamente (o spaventosamente?) prevedibile.
In questo mondo se volevi una cosa dovevi acquistarla.
Certo potevi anche noleggiarla oppure prenderla in prestito, ma la natura materiale dell’oggetto imponeva un vincolo di scarsità: nel periodo di tempo in cui io noleggiavo un’auto oppure prendevo in prestito un libro, questi oggetti non erano più disponibili per il pubblico fino a quando non li restituivo.
Anche l’informazione era in qualche modo vincolata ai limiti del materiale, dal momento che era immagazzinata in un elemento fisico difficilmente riproducibile, come ad esempio un libro, una rivista oppure un disco in vinile.
Anche in questo caso quindi l’utilizzo delle informazioni contenute risultava limitato.
E poi venne il Digitale con la sua immaterialità e ubiquità.
L’informazione si emancipava di fatto dal suo supporto fisico, per cui poteva essere contenuta su differenti supporti, molti dei quali non più vincolati dalla scarsità.
Le informazioni contenute in un libro potevano essere trasferite anche su un sito Web, una canzone poteva essere caricata online, e così via.
Da quel momento una stessa informazione poteva essere usufruita da più persone contemporaneamente.
Non solo: poteva anche essere moltiplicata senza limiti di numero.
Diventava sempre più difficile possedere un’informazione, come impareranno ben presto l’Editoria, la musica, la cinematografia.
Dal possesso all’accesso: noi non siamo più padroni dei nostri contenuti, ma solamente usufruitori
Se quindi diventava sempre più chiaro che non era possibile possedere, alcune Aziende capirono presto che era invece possibile fare convergere su di sé le informazioni, in modo da diventare un passaggio obbligato per chi ricercava il materiale.
Una configurazione assunta dai motori di ricerca, che non posseggono le informazioni, ma semplicemente offrono agli utenti un nodo attraverso il quale potere accedere ai contenuti.
Google non possiede i siti che presenta nei suoi risultati di ricerca, ma è riuscita nel tempo a diventare il punto di riferimento per chi ricerca informazioni online, tanto che adesso può permettersi di dettare legge su come deve essere strutturato un sito Internet: “vuoi che le persone trovino (e quindi accedano) ancora al tuo sito? Allora devi renderlo mobile friendly, e occhio a non inserire troppi fastidiosi pop-up perché altrimenti te lo affondo.”
Da qui il passaggio a creare dei gateway, ossia dei cancelli digitali a pagamento, il passo è stato breve.
Se io divento il nodo obbligato attraverso il quale tu devi passare per reperire le informazioni che cerchi, allora posso anche permettermi di farti pagare per questo servizio.
Google inteso come motore di ricerca è gratuito, ma solo in apparenza, e questo ormai lo abbiamo abbondantemente capito.
Altre aziende si sono presentate in modo più diretto e sfrontato.
Su servizi come Spotify trovi decine di milioni di canzoni, e paghi non per averle, ma per potervi accedere e quindi ascoltarle.
Amazon Kindle Unlimited ti offre la possibilità di accedere (non acquistare) ad un vasto catalogo di libri, ma comunque anche l’acquisto del libro digitale non è un vero acquisto, ma solamente una forma particolare di licenza per l’accesso al libro, tant’è che Amazon può rimuoverlo dal suo catalogo, e quindi dalle nostre librerie digitali, in ogni momento.
Su Netflix e simili non acquisti i film, ma paghi per potervi accedere e quindi vederli.
Stessa cosa per i software e le Apps che ormai vengono offerte in abbonamento: in questo caso l’utente paga per avere la possibilità di accedere al software, che però non sarà mai suo.
Che poi se andiamo a vedere è la stessa cosa che in un certo senso accadeva anche prima dell’avvento del digitale: io acquistavo una rivista non tanto per la rivista in sé, ma per le informazioni contenute in quella rivista, e che io sapevo potere acquisire solamente attraverso di essa.
Il Futuro dei nostri figli è l’accesso, non il possesso
La digitalizzazione della nostra quotidianità ha permesso alle aziende anche di esportare questo concetto al mondo materiale, innovando radicalmente il vecchio concetto di noleggio.
Pensiamo ad esempio a servizi come Enjoy, i quali ci permettono di avere sempre a disposizione un’auto senza la necessità di acquistarne una.
Le catene di co-working ci permettono di avere un ufficio per ogni città in cui andiamo, ma senza la necessità di possederne uno.
I nostri figli stanno imparando, si stanno conformando, sviluppando all’interno di questa forma mentis.
Utilizzano Instagram come rullino fotografico, quindi di fatto non possedendo più le foto che loro stessi producono.
Scaricano un’App dallo store, terminata la necessità la disinstallano, e quando si ripresenta la necessità la re-installano oppure ne installano un’altra ma che compie le stesse operazioni, perché ciò che conta è il risultato.
Le nuove generazioni concepiscono questi store come un enorme catalogo costantemente a loro disposizione, un magazzino digitale da cui attingere ogni volta che se ne presenta la necessità, ma del quale hanno solamente l’accesso, non il possesso.
Nelle grandi città si abituano ad avere una bicicletta o un monopattino a portata di mano e per i quali non sentono il bisogno di possederli, perché tanto sanno che in ogni momento gli basterà aprire un’App per trovarne uno disponibile a pochi metri di distanza.
Accedere e non possedere è veramente così negativo?
Noi adulti tendiamo a vedere con resistenza questa nuova situazione.
Noi siamo abituati a possedere, a pagare una volta un oggetto e quindi poi poterne disporre come meglio crediamo, e soprattutto diventa nostro a tutti gli effetti, tant’è vero abbiamo anche coniato un termine nel caso di una sottrazione contro la nostra volontà: furto.
Ecco perché il pensiero di pagare per una cosa che può venirci tolta senza preavviso e secondo i “capricci” di un’azienda non ci piace.
Ancora di più quando pensiamo che, se e quando questo avviene, noi non possiamo rivalerci perché lo abbiamo accettato nel momento della creazione dell’account.
E’ tutto espressamente dichiarato nei Termini di Servizio: “finché paghi io ti permetto di accedere ai contenuti, se smetti di pagare perdi questo diritto. Inoltre io posso anche decidere in ogni momento che quel contenuto verrà rimosso dal mio magazzino digitale. Se queste regole ti piacciono, allora siamo amici. Se non ti piacciono puoi sempre rivolgerti altrove”.
Ma se spostiamo il nostro vertice di osservazione da noi ai nostri ragazzi e a come percepiscono il loro mondo, allora il discorso cambia.
Allora vediamo che il loro è un mondo sempre più interconnesso e inter-dipendente, in cui il concetto di autarchia non solo non ha senso di esistere, ma è anche perdente per definizione.
Se noi allarghiamo la nostra veduta e consideriamo anche la diffusione della Gig Economy, per cui scompare il posto di lavoro e il concetto di stipendio, a favore di tanti lavori più piccoli ma che insieme fanno una Professione e un guadagno per vivere, e anche lo sviluppo delle organizzazioni esponenziali, per cui sta scomparendo il concetto di organizzazione monolitica a favore di tante piccole realtà che si uniscono e si separano a seconda del bisogno, allora vediamo che l’idea di accesso come l’abbiamo delineata qui perde la sua valenza negativa, e si mostra solamente per quello che è: semplicemente un altro tassello di un mondo sempre più fluido e dinamico.
E forse è proprio questo dovremmo insegnare ai nostri figli, se vogliamo che siano pronti per vivere nel loro Futuro.