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Umanità aumentata, ecco perché sarà sempre più diffusa, importante e pericolosa

Le nuove tecnologie stanno ormai invadendo il corpo umano con l'obiettivo di estendere capacità e prestazioni. Ma non sono pochi a temere che potrebbe essere a rischio la stessa natura dell'homo sapiens 

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
Umanità aumentata, ecco perché sarà sempre più diffusa, importante e pericolosa
Chip che può essere impiantato nel midollo spinale. Gli esperimenti per il momento sono stati condotti sulle scimmie ma potrebbero essere estesi agli esseri umani (foto Ansa)

Il biohacking sta incominciando a diventare un fenomeno culturale mainstream. Semplificando al massimo si potrebbe definire come la pratica di modificare la biologia del proprio corpo attraverso una serie di tecniche e tecnologie con l'obiettivo di estendere le proprie capacità e prestazioni. I modi per fare questo sono tanti, alcuni antichi quanto la storia stessa dell'essere umano. 

Il primo filone del movimento, che è quello meno radicale, coinvolge già milioni di persone anche se nella maggior parte dei casi non c’è la consapevolezza di quello che si sta facendo. Di cosa stiamo parlando? Semplicemente di modificare la biologia del corpo umano attraverso l’esercizio fisico, la dieta o tecniche di meditazione.

Attività antichissime ma che negli ultimi anni sono state fortemente impattate dalle diffusione delle wearable technologies ovvero tecnologie indossabili come le smartband e gli smarwatch, che sono in grado di monitorare il corpo umano nel corso di tutte le 24 ore della giornata e rilevare parametri sull’attività fisica, sul battito cardiaco, sulla qualità del sonno e così via. L’offerta di prodotti sul mercato è ormai ricchissima e per i consumatori c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Il secondo filone del biohacking riguarda invece la diffusione degli esoscheletri. Si tratta di strutture cibernetiche esterne, muscolature artificiali in grado di potenziare le capacità fisiche (forza, velocità, agilità) dell’essere umano. Gli utilizzi sono diversi: campo lavorativo, militare e medico. Gli esoscheletri per disabili, per esempio, consentono a chi ha perso l’uso delle gambe di rimettersi in piedi e tornare a camminare. Secondo il futurologo Nikolas Badminton le sedie a rotelle in un futuro prossimo sono destinate a scomparire.

Esoscheletro utilizzato da operaio in catena di montaggio (foto Ansa)

Il terzo filone, infine, è quello più radicale e riguarda il fenomeno dell’implanting ovvero dell’innesto di dispositivi tecnologici direttamente nel corpo umano. Anche questa è una pratica antica (è sufficiente pensare alle valvole cardiache o alle protesi di vario tipo) ma a differenza del passato l’obiettivo non è solo medico (risolvere un problema di salute) ma anche aumentare la perfomance dell’uomo semplificando il suo rapporto con le macchine.

La pratica più comune è quella dell’innesto di chip nel corpo, tipicamente negli arti superiori. In questo modo è possibile aprire porte senza usare un badge, pagare senza utilizzare una carta di credito o uno smartphone o controllare i dispositivi domotici della propria casa, giusto per fare alcuni esempi tra i più comuni.

Il movimento è in forte crescita in tutto il mondo e già esistono delle convention dedicate come la BdyHax negli Stati Uniti. Secondo alcune stime (non ufficiali) le persone nel mondo munite di chip sottopelle potrebbero già aver superato quota 100 mila. E siamo ovviamente solamente agli inizi considerando che sono passati poco più di 20 anni da quando, nel 1998, il professore Kevin Warwick, dell’università di Reading, nel Regno Unito, fu il primo al mondo ad impiantarsi un chip Rfid nel proprio braccio.

Chip sottocutaneo (foto Ansa)

Gli individui che puntano ad aumentare le proprie prestazioni fondendo il proprio corpo con le macchine sono noti anche come cyborg. Uno dei più noti al mondo è l’artista e attivista britannico Neil Harbisson che per poter percepire i colori al di là delle possibilità della visione umana, dal 2004 è diventato la prima persona al mondo ad indossare una antenna.

Neil Harbisson (foto Wikipedia)

Harbisson ha inserito l’antenna anche nella foto del suo passaporto e alcuni hanno interpretato questo fatto come il riconoscimento ufficiale dell’artista britannico come cyborg. Lo stesso nel 2010 ha fondato  una organizzazione internazionale per aiutare gli umani a diventare organismi cibernetici. 

L'uso di questo tipo di tecnologie ad impianto ha consentito di raggiungere risultati ancora più strabilianti con gli animali. Due scimmie hanno ripreso a camminare dopo una lesione spinale grazie a un by-pass wireless capace di raccogliere gli impulsi elettrici nel cervello e inviarli a un chip impiantato nel midollo spinale, scavalcando il tratto interrotto. L'esperimento è stato condotto con successo dal Politecnico di Losanna nel 2016 e non si esclude che possa essere applicato con successo anche sull'uomo. 

Infine esiste una ultima categoria di biohacker che non guardano alle tecnologie digitali ma ai nootropi, particolati farmaci noti come smart drugs (droghe intelligenti) in grado di aumentare le capacità cognitive dell’essere umano ovvero le abilità e le funzionalità del cervello.

La frontiera più preoccupante e pericolosa del movimento è però quella dell’editing genomico che consiste nell’utilizzo  delle tecniche di ingegneria genetica per manipolare e modificare il DNA degli esseri viventi. Nel 2018 il biofisico cinese He Jiankui per primo ha utilizzato le tecniche di editing genetico su embrioni umani per renderli meno suscettibili all’infezione da HIV. L’esperimento ha suscitato un forte clamore internazionale al punto che lo scienziato è stato licenziato dalla propria università, la Southern University of Science and Technology di Shenzen.

Il biofisico cinese He Jiankui

L'esperimento di He Jiankui fa capire che gli aspetti più radicali del biohacking sollevano enormi problemi sul fronte etico in quanto potrebbe essere messa in discussione la stessa natura dell’homo sapiens, così come esiste da 130 mila anni circa.

Tuttavia nella comunità scientifica sono i tanti i sostenitori del transumanesimo (o transumanismo che per simbolo ha H+ e H-plus). Di cosa si tratta? Di un movimento culturale che sostiene apertamente l'uso delle scoperte scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive dell’essere umano. L’obiettivo principale è il miglioramento di quegli aspetti della condizione umana che sono considerati indesiderabili, come la malattia e l'invecchiamento, in vista anche di una possibile trasformazione post umana.

Simbolo del Transumanesimo (Wikipedia)

Il transumanesimo non esclude dunque il superamento della specie homo sapiens anche perché secondo uno dei suoi più noti esponenti, il futurologo di Google, Ray Kurzweil, solo l’interfacciamento del cervello umano con le macchine può consentire all’uomo di rimanere competitivo con l’intelligenza artificiale.

E non è un caso che uno degli imprenditori più visionari del mondo, Elon Musk, è impegnato in prima linea in questo campo con Neuralink, azienda di neurotecnologie che punta a sviluppare il laccio neurale ovvero l’interfaccia che collega il cervello con un computer. Lo scopo, a breve termine, è quello di curare gravi malattie ma lo stesso Musk ha espressamente affermato che l'obiettivo ultimo è il potenziamento umano.

Elon Musk durante una presentazione di Neuralink (foto Ansa)

Anche Mark Zuckerberg è entrato nel settore. A fine 2019 Facebook ha comprato Ctrl-Labs, una startup che sta studiando il modo di consentire alle persone di comunicare con i computer tramite segnali cerebrali.

Secondo uno studio di Ericsson l'interfacciamento tra cervello e dispositivi elettronici sarà realtà entro il 2030. E una delle novità più importanti sarà il potenziamento di vista, udito, gusto, olfatto e tatto. E proprio per questo motivo i ricercatori dell'azienda svedese annunciano l'avvento dell'internet dei sensi. Camminando in un sentiero di montagna sentiremo meglio gli odori e i rumori ma la domanda davvero importante è: saremo ancora esseri umani

 

 

 

 

 

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