[L’intervista] “Prestito di cittadinanza e capitale di dotazione per garantire un futuro agli italiani"
Tiscali News ha sentito Marco Magnani economista alla Luiss di Roma e autore del libro "Fatti non foste a viver come robot" che contiene due proposte molto innovative per affrontare i problemi occupazionali che stanno nascendo a causa delle innovazioni tecnologiche dirompenti
Nel corso della storia l’innovazione tecnologica ha sempre avuto, nel lungo periodo, un impatto positivo su crescita e occupazione. I benefici sono emersi dopo qualche tempo, a causa dei necessari adattamenti ai nuovi modelli produttivi, ma alla fine il saldo netto è sempre stato positivo. Di fronte alla continua ondata di innovazioni dirompenti degli ultimi anni alcuni economisti incominciano però ad avere dubbi che questa relazione tra tecnologia e lavoro possa risultare vera anche in futuro. Questa volta la storia potrebbe cioè non ripetersi.
Nel fronte dei pessimisti c’è per esempio Nouriel Roubini uno dei più autorevoli economisti del mondo, famoso per aver previsto in netto anticipo la crisi finanziaria dei subprime del 2007-2008. Per lo studioso americano tre sono i motivi per cui questa volta potrebbe essere diverso. Primo: le attuali innovazioni sono a intensità di capitale quindi favoriscono chi investe rispetto a che offre lavoro Secondo: sono a intensità di competenze quindi favoriscono i lavoratori che hanno forti abilità tecniche. Terzo: sono a risparmio di manodopera quindi tendono a ridurre il numero complessivo di lavoratori poco specializzati. La conseguenza logica del ragionamento di Roubini è che inevitabilmente assisteremo alla scomparsa di molte posizioni professionali non solo nell’industria ma anche nei servizi, non solo nelle mansioni semplici e ripetitive ma, sempre più, anche in quelle complesse e intellettuali.
L’economista italiano Marco Magnani pur condividendo l’analisi di Roubini sostiene però che il destino del lavoro non sia apocalittico. La relazione virtuosa tra innovazione, crescita e occupazione potrebbe esserci anche in futuro ma a patto che il cambiamento sia governato.
Nel suo libro Fatti non foste a viver come robot edito da Utet presenta una serie di proposte innovative che la classe politica italiana (ma non solo) dovrebbe realizzare per far fronte al cambiamento dirompente portato da una lunga serie di innovazioni come l’intelligenza artificiale, la robotica avanzata, le auto senza pilota, la stampa 3D e la manifattura additiva, l’internet of things (IOT), i big data, il calcolo quantistico, il cloud storage e computing, la realtà aumentata e virtuale, la blockchain, le nanotecnologie e infine le biotecnologie. Tiscali News lo ha sentito per entrare nel merito delle sue riflessioni.
Professore leggendo il suo interessante libro sono emerse due misure che rappresentano una vera e propria novità nell’ambito del dibattito che, ormai da tempo, si è sviluppato sul modo più appropriato per gestire gli effetti dell’innovazione sul mondo del lavoro. La prima è il capitale di dotazione. Di cosa si tratta?
“L'idea è abbastanza semplice. Dal momento della nascita ad ogni cittadino sono assegnate annualmente e per 25 anni quote di un fondo di investimento che nel tempo vanno a costituire il capitale di dotazione. In questo periodo il fondo reinveste i rendimenti ottenuti e il beneficiario non riceve dividendi, né può disporre delle quote. A partire dal venticinquesimo anno il beneficiario riscuote periodicamente i dividendi del fondo ma continua a non poter disporre delle quote che al momento del decesso sono riassegnate a nuovi neonati. Questi introiti, ovvero i dividenti ricevuti, vanno a integrare, o sostituire in caso di disoccupazione, i redditi da lavoro e, in seguito, quelli previdenziali. Il risultato è una diversificazione dei ricavi delle persone che mitiga i rischi della crescente precarietà del lavoro. E che talvolta può diventare un incentivo all’inizio di un’attività autonoma o all’assunzione di rischio imprenditoriale”.
Tutto molto chiaro tranne un aspetto: il fondo di investimento da cui nasce il capitale di dotazione. Cosa è?
“E' un fondo, sul modello dei fondi sovrani già esistenti, al quale sono conferite quote del capitale delle attività economiche di futura costituzione, quindi ad alto contenuto innovativo, e almeno inizialmente risorse liquide. Queste ultime possono provenire da diverse fonti, quali per esempio iniziative internazionali di recupero di tassazione elusa o evasa, digital tax (su transazioni online quali cessione di dati, vendita di spazi pubblicitari e attività d’intermediazione tra utenti e business), tasse di successione su patrimoni elevati, parziale riallocazione della spesa pubblica. Il fondo quindi detiene partecipazioni e investe in tutti i settori dell’economia. Si noti che, con il trascorrere del tempo, la valorizzazione delle quote di capitale delle attività economiche contribuite al fondo riduce, e a regime elimina, la necessità di iniettare risorse liquide”.
Quindi se ho capito bene, il capitale di dotazione che si riceve a partire dalla nascita è una quota di partecipazione ad un fondo sovrano che investe in innovazioni tecnologiche e che, grazie agli incrementi di ricchezza generati, è in grado di fornire ai cittadini un supporto finanziario per affrontare i problemi derivanti dalla perdita di posti di lavoro causati dall’innovazione stessa.
“Esatto. Il meccanismo è proprio questo ma non si limita a fornire supporto solo a chi perde il lavoro ma anche a consentire l’erogazione di un prestito di cittadinanza a tutti i cittadini".
E qui siamo alla sua seconda grande proposta innovativa. Cosa intende per prestito di cittadinanza?
“Un prestito a tasso agevolato e a tempo determinato, per finanziare l’istruzione universitaria o la formazione professionale. E’ un prestito erogato dagli istituti di credito e garantito dallo Stato, che a sua volta si può rivalere sul capitale di dotazione dello studente che dunque garantisce a tutti, anche ai più bisognosi, l’erogazione del prestito”.
Ha parlato di prestito a tempo determinato. Quindi significa che va restituito. Quali sono le modalità?
“Il piano di rimborso varierà in base ai livelli di reddito successivamente conseguiti dal beneficiario: più rapido per chi guadagna bene, più flessibile per chi ha difficoltà. Questo prestito non è dunque un sussidio a fondo perduto e quindi, salvo i casi di mancato rimborso, non ha impatto eccessivamente negativo sulla spesa pubblica”.
Nel suo libro, a differenza di altri suoi colleghi, lei si mostra ottimista sul futuro del lavoro. Mettendo in campo le sue proposte, tra cui c'è anche l'istruzione gratuita e obbligatoria, lei ritiene che anche questa volta potrà esserci un rapporto virtuoso tra innovazione, crescita e lavoro così come è sempre avvenuto in passato. Un ruolo fondamentale dovrà persò svolgerlo la politica che dovrà essere capace di realizzare le necessarie riforme. E' ottimista anche su questo fronte?
“Le confesso, e ne parlo esplicitamente nel libro, che oggi non vedo dei giganti in politica. Nè in Italia né nel resto del mondo. Forse è una fase della storia. Mi auguro ci saranno sorprese in positivo, con qualche leader che emerge improvvisamente dalle situazioni di difficoltà.”