Guerre social: la battaglia tra #BlackLivesMatter e #Maga. Ecco perché è un fenomeno rilevante
Sempre più dalle piazze reali le proteste approdano a quelle virtuali dei social più popolari, come Twitter e Facebook, trasformandosi in scontri senza esclusione di post. Come è andato lo scontro epico tra BLM e MAGA

Prima le strade a ferro e fuoco, gli scontri in strada, i poliziotti in ginocchio per solidarietà e il presidente blindato nella sala bunker d’emergenza della Casa Bianca. Poi una rivendicazione globale contro il razzismo che ha occupato gli spazi delle piattaforme social più popolari. Due gli schieramenti: i Black Lives Matter su un lato della barricata e, sull’altro, i sostenitori del MAGA - Make America Great Again.
#BlackLivesMatter: il boom social
#BlackLivesMatter o anche #BLM (le vite dei neri contano) non è un fenomeno nuovo ma esiste da tempo. Sette anni fa era nato fa per protestare contro le violenze della polizia statunitense sui neri americani. Ma, solo dopo l’uccisione del 46enne George Perry Floyd, il 25 maggio 2020, a Minneapolis, Minnesota, l’hashtag è diventato planetario, schizzando in cima ai trend di qualunque social in qualunque parte del mondo.
Un esempio: il giorno successivo alla morte dell’uomo e alla pubblicazione on line del primo video, secondo i dati raccolti dal Pew Research Center, l’hashtag è stato pubblicato in oltre 218mila tweet. Dopo sole 24 ore, aveva superato il milione di volte. E in un lasso di tempo di 15 giorni è stato usato circa 47,8 milioni di volte, con una media giornaliera di circa 3,7 milioni.
Il fronte dei #MAGA perde colpi
Nel frattempo #Maga, acronimo di Make America Great Again (in italiano “Facciamo di nuovo grande l’America”), l’hashtag con il quale Trump si era imposto nella campagna elettorale 2016, e spesso utilizzato dai suprematisti bianchi, perdeva clamorosamente terreno. In quasi quattro anni dal suo lancio non era mai stato così insidiato nella classifica dei trend. La conferma, ancora una volta, arriva dalle stime del Pew Research Center: nel 2016 #Maga aveva scalato i trend fino a toccare il picco di oltre 800mila condivisioni. Nel 2020, il declino.
Il ruolo dei K-pop
Nella discesa di #MAGA, hanno messo lo zampino anche gli “Stan”, ossia la variabile impazzita dei social. Gli Stan, crasi di stalker+fan, sono entrati in scena inondando Instagram, Facebook e Twitter con meme, GIF e video dei loro artisti preferiti di K-pop (abbreviazione di Korean pop, “pop coreano”), servendosi dello stesso hashtag usato principalmente dai filo-Trump. Un impatto non indifferente nel dominio temporaneo per il “controllo” degli hashtag popolari, che possono così perdere forza rispetto al loro intento iniziale.
Come non bastasse, nel pieno di una battaglia social particolarmente sentita negli USA, è riemerso un video virale di YouTube: la preghiera gospel di un dodicenne. Barack Obama la posta e commenta: “La potente canzone di Keedrom Bryant è servita per descrivere le frustrazioni che la gente nera sta provando. Angoscia condivisa da me e da milioni di altre persone”. La battaglia s’infiamma ancora di più, l’arena virtuale esplode di condivisioni e commenti, #MAGA arretra. Uno scontro duro a colpi di post senza precedenti. Almeno fino alla prossima guerra virtuale.