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[Intervista] "Vi spiego perché le aziende italiane innovano poco e cosa le differenzia da quelle svizzere"

Tiscali News ha sentito Pietro Veragouth, direttore dello Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI)

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
[Intervista] 'Vi spiego perché le aziende italiane innovano poco e cosa le differenzia da quelle...

Una recente indagine condotta dal Boston Consulting Group, in collaborazione con l’istituto di ricerca Ipsos, ha fatto luce sullo stato dell’arte dell’innovazione nel settore produttivo italiano. I risultati apparentemente sono positivi. Ben il 78% delle aziende ha avviato progetti per implementare Industry 4.0 e solo il 22%, al contrario, è rimasto fermo. Tuttavia da un esame più approfondito dello studio emerge un quadro decisamente meno confortante: la maggior parte delle iniziative avviate ha riguardato progetti a basso impatto ovvero che non producono effetti rilevanti in tutta la catena del valore. Altro elemento importante è poi che l’innovazione ha fatto breccia principalmente nelle aziende di grandi dimensioni. Quelle piccole riconoscono le potenzialità delle nuove tecnologie ma continuano a mostrare scarsa propensione all’innovazione. "È principalmente una questione di cultura d’impresa" spiega Pietro Veragouth, direttore dello Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI). Tiscali News lo ha sentito per cercare di capire in che modo il ritardo di una parte del nostro settore produttivo viene visto all'estero. 

Le aziende svizzere oggi sono un punto di riferimento per l’innovazione in Europa, cosa le differenzia da quelle italiane?
"Le generalizzazioni sono sempre pericolose, ma se dovessi tracciare un profilo delle due figure tipiche di imprenditore, quello italiano e quello svizzero, enfatizzerei la creatività istintiva del primo e la rigorosa programmazione del secondo. Per come ho avuto modo di conoscerlo, l’imprenditore italiano è un leader capace, grande lavoratore, creativo, abile problem solver e un ottimo venditore, che ama la sfida e si butta nelle iniziative con entusiasmo e senza stare a pensarci troppo. Quello svizzero – ribadisco che sto semplificando – si trova un po’ agli antipodi. Riflette molto prima d’intraprendere qualcosa, alla leadership preferisce l’autorevolezza, non ha molta fantasia ed è quasi paranoico sul fronte della qualità”.

Ha descritto due profili molto diversi tra loro ma entrambi positivi. Con riferimento agli imprenditori italiani quale è il principale difetto?
"Probabilmente che sono molto orientati a ottenere risultati nel breve e brevissimo termine, di conseguenza impostano strategie di corto periodo (1, 3, massimo 5 anni). Non disponendo di una chiara strategia di lungo termine, le aziende tendono a perpetuare comportamenti che in passato si sono rivelati virtuosi. Solo che la realtà del mercato cambia, e forse i mercati non sono mai stati così fluidi e instabili come oggi. Tenere lo sguardo fisso sul presente impedisce di vedere che si sta andando a sbattere contro un muro. Gli esempi in questo senso non si contano”.

Ci può raccontare qualche storia concreta?
"Sul finire degli anni 2000, per esempio, avevo diversi clienti in Lombardia che operavano in mercati molto maturi (nello specifico mi riferisco ad allora solide aziende del settore meccanico, del tessile e della produzione di articoli casalinghi). Malgrado i miei allarmi – e non ci voleva molto a vedere cosa stava succedendo – con un mercato che effettivamente tirava erano veramente pochi quelli disposti a credere che la concorrenza cinese avrebbe potuto metterli in difficoltà. Quello che è successo l’abbiamo visto tutti e infatti la maggior parte di quelle imprese hanno dovuto chiudere e poche sono state in grado di reagire e riprendersi.

Nello stesso periodo un cliente, un grosso produttore di valvole idrauliche e penumatiche, decise invece di affrontare seriamente il tema e mi affidò un’analisi piuttosto approfondita del suo mercato e delle sue prospettive. A seguito del nostro lavoro si avviò un programma di diversificazione decidendo alla fine, quasi considerandola una sorta di polizza assicurativa, di creare un settore per la progettazione on demand di valvole di precisione. Oggi quell’azienda è uno tra il leader mondiali non solo nel settore delle valvole di precisione on demand ma anche in quello della produzione e commercializzazione di stampanti 3D per metalli (una tecnologia che gli feci conoscere perché lavoravo su un progetto in quel campo una quindicina d’anni fa). Molte delle valvole che stanno girando nei satelliti sopra le nostre teste le produce questa azienda”

Il messaggio che emerge da queste due storie mi sembra abbastanza evidente: solo chi innova con una visione di lungo periodo sopravvive alla concorrenza internazionale.
"E' proprio così. Oggi più che mai è necessario analizzare i megatrend e conoscere in anticipo quali innovazioni e quali tecnologie caratterizzeranno il mercato nei prossimi decenni. Questo non solo garantisce longevità e aumenta significativamente la competitività dell’azienda ma ha anche delle ricadute positive sul presente. Il messaggio che desidero fortemente che passi è che guardare al futuro non deve essere solo uno slogan e non bisogna avere paura di farlo, perché in realtà è il segreto per far compiere un vero balzo avanti al proprio business e creare aziende solide, longeve e visionarie.

Lo Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI), da lei diretto, è una delle istituzioni  più importanti dell’ecosistema dell’innovazione svizzera. Cosa fate esattamente?
"Una delle nostre funzioni principali è servire da ponte, o se vogliamo da link, tra chi vuole seriamente innovare e il know-how necessario per farlo. Abbiamo da poco lanciato il servizio Enterprise Solutions, una consulenza attraverso la quale, grazie al nostro network internazionale, che vanta i migliori esperti nei diversi campi dell’innovazione, supportiamo le aziende attraverso programmi personalizzati che partono dall’analisi dello stato dell’arte e del mercato di riferimento per concludersi con la definizione di un progetto di potenziamento dell’azienda per garantire un progressivo e significativo aumento del livello di competitività. Ci tengo anche ad aggiungere che uno degli aspetti esclusivi di questo servizio è che nel team di lavoro dedicato alla consulenza sono presenti rinomati esperti di caratura internazionale. Le aziende hanno finalmente l’opportunità di avvalersi dell’esperienza di profili che solitamente sono inavvicinabili”.

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Pietro Veragouth, direttore dello Swiss Institute for Disruptive Innovation (SIDI)
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