Pubblicità su ClubHouse: arrivano gli ambassador. Ecco chi sono

Rispetto ad altre piattaforme, la pubblicità utilizzata dal social della voce non passa per un marchio visibile o per una sponsorizzata ma da altri canali: i dipendenti

Pubblicità su ClubHouse: arrivano gli ambassador. Ecco chi sono
Fonte Ansa

Se lo sono chiesti i primissimi utenti di ClubHouse al loro arrivo nella piattaforma e ancora prima ci stanno pensando i fondatori: come possono interagire i brand su ClubHouse e fare advertising?

Alcuni esperimenti sono già stati fatti, sebbene nelle room di questi primi mesi, pubblicità e adv siano già sbarcate in modo non ufficiale. Si tratta degli elementi chiave di un brand, quelli che permettono in ogni piattaforma, luogo e tempo di dare al brand una forma slegata dalla pubblicità nel suo senso più tradizionale e digitale, fornendo un passaparola che non ha prezzo.

Sono i dipendenti, quelli che oggi alcuni chiamerebbero i brand ambassador che se su Linkedin parlano delle performance delle aziende per cui lavorano, se su Instagram si fotografano nel loro “best place to work”, su ClubHouse devono utilizzare la voce e se lo sanno fare con un strategia scegliendo la giusta room e con la giusta dialettica, riescono a portare molta attenzione sia a loro stessi che al brand che rappresentano.

Personal branding sottile: la chiave di ClubHouse

Non bisogna per forza essere un moderatore su ClubHouse, la figura che ha l’arduo compito di gestire una numerosità di sconosciuti e fare in modo che tutti possano portare valore alla discussione, per fare del buon branding sull’azienda per cui si lavora. Quelli che meglio utilizzano questa tecnica, consapevolmente o meno, rimangono nell’ombra, e se si trovano nella giusta room e nella giusta conversazione, alzano la mano, approdano sul palco e raccontano il proprio punto di vista personale in cui inevitabilmente si cita il brand o lo si legge dalla bio.

Molto spesso non c’è un’intenzione strategica dietro ma gli effetti sono comunque visibili: nelle room di presentazione della propria idea di business, startup o anche brand di nicchia, già si acquisisce un certo valore e un certo seguito. Ma sono le room meno “markettare”, quelle più legate a temi di diversa tipologia, quelle più sociali o lifestyle in cui la condivisione di un addetto ai lavori, di un determinato brand, può raccogliere consensi.

E molti di questi interventi, non sono fatti da fondatori o da partner delle aziende ma da dipendenti che raccontano le loro esperienze, nel bene e nel male, seguendo pedissequamente le regole e i principi di ClubHouse.

I 5 principi di ClubHouse che permettono l’autopromozione

ClubHouse, infatti, ha già stilato una serie di regole che vogliono in qualche modo indirizzare gli utenti ad un uso positivo e consapevole della loro esperienza in piattaforma. I 5 principi di ClubHouse sono:

1. Sii te stesso: bisogna infatti presentarsi col proprio nome e cognome perchè “l’autenticità inizia dalle persone” spiegano le linee guida di ClubHouse eliminando dunque la possibilità di creare fake account

2. Sii rispettoso: una regola per tutti gli utenti e per tutte le room con l’obiettivo anche di diminuire quelle conversazioni che negli Stati Uniti sono sfociate nella discriminazione

3. Sii inclusivo: perché anche i club privati che verranno attivati di qui a poco, non devono cadere nell’effetto setta in cui parlano poche persone e alle altre non viene data la possibilità di prendere la parola

4. Sii empatico e comprensivo: l’idea infatti è quella di generare un dibattito “in buona fede” come dicono le linee guida della piattaforma

5. Crea profonde e genuine connessioni: un monito per ricordare che ClubHouse esiste per fare rete 

Il lato oscuro dei brand ambassador: quando hanno poco di buono da raccontare

Forse è questa versione beta della piattaforma a dare la possibilità a chiunque di raccontarsi e forse in futuro, si ipotizza tra i conversatori nella piattaforma, ci saranno room a pagamento o gettoni da acquistare per poter interagire con gli altri, tuttavia, torna con ClubHouse, oltre ai temi della FOMO e del personal branding, quello dei brand ambassador principali: i dipendenti

Un tema da mettere sul tavolo in un periodo così confuso, per ripensare alle dinamiche che intercorrono davvero negli uffici, alle volte al limite del mobbing e che sono state raccontate senza troppi problemi anche nelle room di ClubHouse. 

E infatti, se da una parte gli ambassador possono portare valore, fama e riconoscimento al brand per cui lavorano, dall’altro possono svelare anche il non detto, visto che per ora è vietato espressamente registrare i contenuti dell’app. Un incentivo, forse per i neofiti, per dare l’immagine di un posto sicuro ma che come tutti gli altri social ha conseguenze nella vita reale.