Errore medico causato dall’intelligenza artificiale: chi ne risponde davvero?
In ambito sanitario l’IA è sempre più usata, ma resta una domanda aperta: chi è responsabile se un algoritmo sbaglia la diagnosi o una terapia

L’intelligenza artificiale ha conquistato un ruolo sempre più centrale nella medicina moderna. Viene oggi impiegata in ospedali e cliniche per accelerare le diagnosi, supportare i medici nell’interpretazione di immagini radiologiche e prevedere l’andamento di patologie complesse. Ma a fronte dei progressi, emergono gravi incertezze legali. Se un paziente subisce un danno per una diagnosi errata fornita da un algoritmo, chi ne è responsabile? È la domanda al centro di un dibattito che coinvolge medici, sviluppatori, pazienti e legislatori. Secondo l’articolo pubblicato da News Medical Life Sciences, non esiste ancora una linea di demarcazione chiara su chi debba rispondere in caso di errore: “Attualmente, non esiste una chiara linea di responsabilità tra operatori sanitari, sviluppatori di sistemi di intelligenza artificiale e autorità di regolamentazione”. Una zona grigia che, in mancanza di norme specifiche, rischia di lasciare senza giustizia sia i pazienti che i professionisti.
IA e diagnosi medica: dai tumori alla predizione dei ricoveri
Le applicazioni dell’IA in campo medico si stanno moltiplicando. Sistemi di machine learning e deep learning sono oggi utilizzati per lo screening del cancro al polmone, alla prostata e alla mammella. I radiologi, in particolare, si avvalgono di algoritmi che analizzano immagini di TC e risonanze magnetiche, rilevando pattern invisibili all’occhio umano. Studi recenti hanno dimostrato che l’intelligenza artificiale migliora l’accuratezza diagnostica quando viene impiegata come strumento di supporto e non in sostituzione del medico.
La strategia basata sulla DL è stata applicata anche nell’interpretazione delle immagini mammografiche, sia 2D che 3D. Inoltre, grazie alla valutazione radiomica della morfologia tumorale, l’IA consente un monitoraggio più preciso della risposta ai trattamenti per tumori solidi.
“Analizzando grandi set di dati in modo rapido ed efficiente, l’intelligenza artificiale consente diagnosi accelerate e una migliore previsione dell’efficacia terapeutica”, scrivono i ricercatori.
Tuttavia, non tutti gli strumenti attualmente in commercio sono clinicamente affidabili. Il motivo è la mancanza di dati certi sull’efficacia, e questo solleva interrogativi sulla sicurezza dell’uso generalizzato di tali tecnologie.
Watson, DeepMind e gli altri strumenti usati dai medici
Tra le piattaforme IA più utilizzate in ambito sanitario spiccano IBM Watson Health, Google DeepMind Health, Aidoc, Eyenuk, IBEX Medical Analytics e Butterfly iQ. Questi strumenti sono utilizzati quotidianamente da medici, psicologi, radiologi e oncologi per supportare le diagnosi e pianificare terapie.
Ma cosa accade se un algoritmo fornisce una diagnosi errata? I medici possono ritenere responsabili gli sviluppatori, mentre le aziende produttrici sottolineano che le decisioni mediche restano comunque affidate al clinico. Questo rimpallo di responsabilità evidenzia l’assenza di una normativa efficace.
“È importante capire chi dovrebbe assumersi la responsabilità quando una diagnosi o un piano terapeutico basato sull’intelligenza artificiale danneggia un paziente”, affermano gli autori del dossier.
I problemi legali: privacy, bias e “scatole nere”
Molti sistemi di IA operano come scatole nere, ovvero senza che sia possibile comprendere come siano arrivate a una certa decisione clinica. Questo rappresenta un ostacolo serio per la trasparenza e la responsabilità. Inoltre, se gli algoritmi sono addestrati su dataset non bilanciati, possono replicare o amplificare bias esistenti, penalizzando specifici gruppi di pazienti.
La gestione dei dati personali è un altro punto critico. Gli strumenti di IA si basano su un accesso estensivo alle informazioni cliniche del paziente, e questo solleva il problema della privacy. Negli Stati Uniti, la normativa HIPAA cerca di tutelare la riservatezza, ma risulta inadeguata per regolamentare i software adattivi. Lo stesso discorso vale per le attuali regole della FDA, pensate per dispositivi fisici, non per algoritmi.
“Gli sviluppatori devono garantire trasparenza sul funzionamento dei dispositivi, i loro limiti e la validazione clinica,” sottolineano gli esperti.
Perché molti professionisti evitano ancora l’IA
Nonostante le potenzialità, molti medici preferiscono non affidarsi all’IA. Il timore principale è che un errore causato da uno strumento tecnologico possa essere imputato direttamente a loro, anche in mancanza di controllo sul funzionamento dell’algoritmo.
Questo paradosso frena l’adozione su larga scala della tecnologia: “I medici sono liberi di usare l’intelligenza artificiale, ma molti scelgono di non farlo per paura di praticare una medicina al di sotto degli standard di cura,” si legge nel report.
Per superare questo blocco, gli esperti propongono l’introduzione di sistemi che obblighino gli algoritmi a giustificare le proprie decisioni cliniche, aiutando così i medici a comprendere se le diagnosi si basano su elementi validi.
Verso un sistema globale di responsabilità condivisa
Le differenze normative da Paese a Paese rendono difficile creare uno standard unificato. Alcuni governi sono più tolleranti verso i rischi in nome dell’innovazione, altri più rigidi. Tuttavia, la collaborazione internazionale tra enti regolatori, istituzioni sanitarie e sviluppatori è ormai considerata essenziale.
Gli autori dello studio concludono: “Sono urgentemente necessari regolamenti precisi, meccanismi di responsabilità e standard tecnici per supportare l’uso sicuro dell’intelligenza artificiale in medicina.” Solo così si potrà garantire che l’IA, da strumento utile, non diventi un problema legale irrisolto.
Fonte:
Who Takes the Blame When AI Makes a Medical Mistake? News Meedical