Cresce il rischio disinformazione: le 5 tecniche più diffuse e il deep fake di Zuckerberg che spaventa
La disinformazione è la diffusione di informazioni false o ingannevoli con l'intenzione di manipolare le persone. Il fenomeno è sempre esistito ma è esploso dopo l’avvento delle tecnologie digitali. La rete ha disintermediato la produzione dei contenuti e i social media ne hanno facilitato la diffusione.
Un nuovo punto di svolta è rappresentato dall’evoluzione dell’intelligenza artificiale che consente la manipolazione dei contenuti, per esempio quelli video, con conseguenze che sono ancora tutte da valutare e comprendere. E’ pertanto utile fare il punto della situazione indicando le 5 tecniche di disinformazione attualmente più diffuse.
Uno: diffusione di notizie false. La diffusione intenzionale di notizie verosimili per manipolare l'opinione pubblica o influenzare le decisioni politiche.
Due: troll e commenti fake. L'utilizzo di account falsi o controllati da bot per generare commenti e discussioni polarizzanti sui social media e sui siti di notizie.
Tre: amplificazione mirata. La riproposizione mirata di contenuti falsi attraverso meccanismi di amplificazione automatica o manuale, come i bot o le reti di utenti pagati.
Quattro: deepfake. La creazione di video o immagini manipolate utilizzando tecniche di intelligenza artificiale per diffondere contenuti ingannevoli.
Cinque: misinformazione cognitiva. La manipolazione della percezione della realtà attraverso la creazione di una narrazione alternativa e la presentazione di informazioni false.
IL RUOLO DELL'INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Un approfondimento a parte merita il ruolo sempre più importante che avrà l’intelligenza artificiale. L’arrivo di ChatGPT fa capire che ormai la AI potrà essere facilmente addestrata per creare notizie false imitando anche lo stile di scrittura di fonti autorevoli. Distinguere i testi prodotti da un uomo rispetto a quelli scritti da un algoritmo ormai è impossibile se non utilizzando le stesse tecniche di intelligenza artificiale.
Ma l’ambito che spaventa è quello della manipolazione video, noto anche come deep fake. I progressi compiuti negli ultimi anni sono stati spaventosi e ormai risulta difficile capire se un video sia vero o falso.
Uno dei casi più clamorosi è stato un fake di Mark Zuckerberg che ironicamente ringrazia il Congresso americano per la sua immobilità contro lo strapotere delle grandi aziende tecnologiche americane. Il video è stato espressamente pubblicato come fake, non c’è stato dunque nessun tentativo di manipolazione, ma è servito per dimostrare le potenzialità dell'intelligenza artificiale.
GUARDA IL VIDEO PER CAPIRE A CHE LIVELLO E' ARRIVATO IL REALISMO DEI DEEP FAKE
Anche in questo caso sarà ovviamente possibile dimostrare a posteriori la falsità di un video analogamente a quanto avviene con il debugging delle altre fake news, ma pensare che questo possa bastare è da ingenui. Un bias cognitivo particolarmente diffuso tra le persone più polarizzate è il back fire effect: non solo lo smascheramento di una notizia falsa non produce effetti ma paradossalmente rinforza l’effetto iniziale della disinformazione.
Il video pubblicato in primo piano che riepiloga le 5 tecniche di disinformazione è un altro esempio delle potenzialità delle nuove tecnologie. La persona che parla non è reale ma è un avatar creato dall'intelligenza artificiale generativa di D-ID.
Al momento è ancora possibile distinguere un avatar da un essere umano, ma sarà ancora possibile farlo tra qualche anno? Molto probabilmente no e questo ovviamente sarà un altro potente strumento in mano a chi vuole manipolare la percezione della realtà.
Al momento l’unica arma esistente per contrastare la disinformazione è sensibilizzare l'opinione pubblica sul fenomeno e sulle tecniche di disinformazione esistenti. Partire dalle 5 più diffuse sul web è un primo passo.