Il telescopio spaziale James Webb, una missione dove non è consentito fallire
La NASA, con la pubblicazione della prima foto del 12 luglio, ha confermato il corretto funzionamento del nuovo telescopio, un concentrato di tecnologia e perfezione dove l’errore o il mancato funzionamento di un solo meccanismo comprometterebbe tutto il progetto

Alzi la mano chi non ha provato un senso di meraviglia di fronte alla prima immagine inviata dal telescopio spaziale James Webb (JWST). Un’immagine che ritrae una porzione di universo lontanissima, quasi 14 miliardi di anni luce, pochi milioni di anni dopo il Big Bang. Il telescopio consentirà di raccogliere preziose informazioni utili a fare un passo avanti verso la comprensione di un mistero che attanaglia tutti gli studiosi dello spazio, la nascita dell’universo.
Il telescopio spaziale più potente mai realizzato
Sia chiaro, nei suoi trent’anni di onorato servizio, il suo predecessore, il telescopio Hubble, ha trasmesso tantissime immagini dello spazio profondo. Ma la sua tecnologia, nonostante gli aggiornamenti, non riesce ad arrivare là dove può Webb. Per questo motivo è stata necessaria la sua realizzazione. Per andare ancora più a fondo nella scoperta dell’ignoto. Il JWST è molto più potente dei precedenti telescopi mandati in orbita. È 110 volte più potente di Hubble; molto più grande ma più leggero. È stato costruito per vedere le prime stelle e galassie emerse dalle nubi di polvere e gas del primo universo.
James Webb Space Telescope, la tecnologia a infrarossi per scandagliare lo spazio remoto
Per indagare lo spazio profondo e rilevare la luce più lontana che vira verso il rosso, quella dei corpi celesti più ancestrali, Webb utilizza le lunghezze d’onda della luce a infrarossi. Non che questa tecnologia non fosse già impiegata. La utilizzano con successo i telescopi terrestri e perfino gli ultimi aggiornamenti di Hubble, ma solo nella lunghezza d’onda dell’infrarosso vicino, non tutta la gamma. Sulla Terra l’infrarosso è disturbato dall’atmosfera e dalle radiazioni terrestri e solari. Inoltre, per dare il massimo questa tecnologia ha bisogno di una temperatura di utilizzo prossima allo zero assoluto. Hubble staziona nell’orbita terrestre a 547 km di distanza e in queste condizioni l’utilizzo dell’infrarosso non è ottimale. Per ovviare alle radiazioni terrestri, lunari e solari il telescopio Webb è stato spedito a 1,5 milioni di km di distanza dalla Terra, nel punto L2, o secondo punto di Lagrange, 4 volte più lontano della Luna. In questo modo la sua orbita sarà in linea con la Terra durante il suo movimento attorno al Sole. Non solo: la Terra gli farà da scudo e gli garantirà una grande protezione dal caldo e dalla luce. Inoltre, la posizione al secondo punto di Lagrange, sempre la stessa verso la Terra, renderà facili e continue le comunicazioni con la stazione di comando. Le comunicazione sono gestite tramite la Deep Space Network attraverso tre grandi antenne situate in Australia, Spagna e California. In questo modo sarà sempre possibile inviare e ricevere dati. Per raggiungere il punto L2 il telescopio JWST ha impiegato 30 giorni, durante i quali ha completato la procedura di dispiegamento di tutti i suoi componenti.
Il telescopio Webb concepito per non commettere errori
Questa distanza dalla Terra presenta un grande inconveniente. Hubble fu spedito nello spazio con un difetto imprevisto. Gli scienziati della NASA se ne accorsero osservando le prime immagini. Qualcosa nella levigatura dello specchio non era andata per il verso giusto. Ma il telescopio ruotava attorno all’orbita terrestre e, grazie allo Space Shuttle, fu possibile intervenire e inserire parti per correggere l’errore. Da quando è stato mandato in orbita nel 1990, trasportato dalla storica navicella, le missioni di riparazione e aggiornamento sono state 5. Con Webb invece non è possibile, l’errore non è ammesso e tutto deve funzionare alla perfezione, qualsiasi meccanismo di dispiegamento, comunicazione, rotazione e rilevazione. Se solo uno dei 144 meccanismi utilizzati per dispiegare lo specchio e lo scudo termico non avesse funzionato in modo corretto la missione sarebbe andata perduta. Il JWST era stivato dentro un razzo trasportatore, piegato come un origami. Era questa la parte più complicata della missione, quella con la percentuale di fallimento più alta. L’80 per cento delle possibilità di fallimento dell’operazione erano legate alle fasi di dispiegamento, in particolare dello schermo protettivo.
Un concentrato di innovazione e perfezione all’interno di un telescopio pieghevole
La genesi del telescopio Webb è iniziata negli anni 90. Ci sono voluti circa trent’anni di studi, ricerche, finanziamenti e test per lanciarlo nello spazio con il razzo Ariane 5, l’unico grande abbastanza per trasportarlo. Per alloggiarlo dentro il razzo è stato pensato come un telescopio pieghevole. Per il JWST sono state sviluppate diverse tecnologie innovative. Lo specchio ha 6,5 metri di diametro ed è composto da 18 specchi esagonali in berillio ultraleggero affiancati a nido d’ape e rivestiti da uno strato d’oro spesso 100 nanometri, il miglior materiale per riflettere la luce a infrarossi. La lamina d’oro è a sua volta ricoperta da un sottile strato di silice per proteggerlo da graffi o piccole particelle. Dietro ogni schermo esagonale è presente un motore che allinea lo specchio agli altri con una precisione a livello dei nanometri. Il sistema ottico è composto inoltre dallo specchio secondario posto di fronte allo specchio principale e sorretto da una struttura a tre piede e dal sottosistema ottico, uno specchio che rimuove l’astigmatismo, appiattisce il campo focale e consente di produrre immagini senza aberrazioni ottiche, sistemato al centro dello specchio primario. Un ulteriore specchio ha la funzione di convogliare la luce agli strumenti.
Uno schermo solare mantiene la temperatura del JWST vicino allo zero assoluto
Un’altra caratteristica è l’ampia schermatura romboidale a 5 strati (separati dal vuoto) in Kapton, un materiale plastico in film che, come un parasole, attenua il calore e garantisce stabilità alle notevoli variazioni termiche. Ogni strato è separato da vuoto isolante che dissipa il calore mantenendo ogni strato più freddo del precedente. Gli strati sono rivestiti con alluminio e silicio drogato per favorire le loro proprietà ottiche, conduttive e di durata. Per rilevare i segnali infrarossi più distanti il telescopio deve essere protetto da qualsiasi fonte di luce e di calore. Persino dai suoi strumenti, che possono generare calore, come il pannello solare, l’antenna, il computer. Lo scudo protettivo, della grandezza di un campo da tennis, consente agli specchi di operare a una temperatura di 225 gradi celsius sotto lo zero. La differenza con il lato esposto al sole è enorme. Se da un lato puoi congelare il nitrogeno dall’altro si può far bollire l’acqua, 85 gradi celsius. Il dispiegamento dello schermo solare era la parte più complessa della missione. Se non si fosse dispiegato completamente il telescopio non avrebbe funzionato. È inoltre estremamente resistente anche al bombardamento di meteoriti. Lo scudo fa parte del sistema navicella che comprende i pannelli solari per alimentare la struttura, lo spacecraft bus, ovvero la navicella con propellente per i movimenti e altri strumenti di comunicazione, controllo e orientamento.
La strumentazione scientifica a bordo del telescopio James Webb
Il terzo elemento principale che compone il telescopio è l’ISIM (Integrated -Science Instrument Module). Comprende la strumentazione scientifica composta dal MIRI, strumento di osservazione ed analisi spettroscopica a lunghezze d’onda nel medio infrarosso, ottimali per la visualizzazione diretta di esopianeti caldi e l’analisi delle loro atmosfere tramite spettroscopia. È uno strumento così sensibile che potrebbe rilevare una candela in una luna di Giove a 700 milioni di kilometri dalla terra. Il NIRSpec è uno spettrografo per rilevare l’infrarosso vicino e la NIRCam è una fotocamera a raggi infrarossi. Questa struttura fornita di un impianto criogenico per il raffreddamento dei rilevatori del medio infrarosso monta microotturatori innovativi che consentono di selezionare determinati spettri di luce permettendo di analizzare sino a 100 oggetti contemporaneamente nello spazio profondo a una velocità di presa della luce nettamente superiore a quella di Hubble.
Webb Telescope, resistente a detriti e frammenti di meteoriti
Non bisogna pensare che il JWST sia una struttura delicata. Nello spazio viaggiano detriti e resti di meteoriti. Il telescopio è già stato colpito 5 volte da frammenti, l’ultimo dei quali ha riportato un piccolo segno sullo specchio principale, ma questo non ha compromesso il suo funzionamento. Anche perché il centro di riparazione più vicino è a 1,5 milioni di km di distanza, non proprio dietro l’angolo. Per questo motivo solo la fase di simulazione spaziale è durata 100 giorni, in condizioni simili a quelle di esercizio, a meno 217 gradi celsius e in un ambiente senza gravità. Le simulazioni spaziali sono state effettuate nella camera utilizzata per testare le missioni Apollo. Mentre tutta la fase di test multipli su tutti gli strumenti è durata sei anni. Sono passate due decadi costruendo e testando ogni singolo pezzo, un milione di volte.
Grazie agli infrarossi il telescopio Webb indagherà la genesi dell’universo
In totale il JWST è costato alla NASA circa 11 miliardi di dollari, ben al di sopra delle previsioni iniziali. La missione durerà tra i 5 e i 10 anni. Ma perché è così importante questa missione? La risposta è per studiare le lunghezze d’onda nella barra infrarossa. L'Universo è in costante espansione, la luce dei corpi nello spazio profondo in allontanamento tende anch'essa a spostarsi, giungendo quindi al rivelatore con ridotta frequenza. Gli astronomi chiamano questo fenomeno redshift. Questi oggetti sono perciò rilevabili più facilmente se osservati con strumenti ottimizzati per lo studio delle frequenze nell'infrarosso. Le osservazioni a raggi infrarossi consentono lo studio di oggetti e di regioni dello spazio altrimenti oscurate dai gas e dalle polveri nello spettro visibile. L’infrarosso penetra le nubi di gas e polvere meglio rispetto ad altre lunghezze d’onda. La formazione delle stelle e dei pianeti di solito avviene in mezzo a queste nubi. Inoltre l’infrarosso si presta molto bene con la spettroscopia, che consente di analizzare la composizione chimica di stelle e atmosfere e identificare pianeti dove la vita è possibile.