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[Intervista] Chip impiantati nel cervello, lo scienziato: vi spiego cosa accadrà nei prossimi anni

Michael Pontrellidi Michael Pontrelli   
[Intervista] Chip impiantati nel cervello, lo scienziato: vi spiego cosa accadrà nei prossimi anni
Immagine creata con l'intelligenza artificiale

Elon Musk ha annunciato che la sua azienda di neurotecnologie, Neuralink, ha “impiantato per la prima volta un chip cerebrale in un essere umano”. La notizia ha fatto il giro del mondo sollevando una domanda non irrilevante: siamo all’inizio di una nuova era per l’umanità? Siamo cioè all’alba dell’ibridazione uomo macchina prospettata in gran parte della fantascienza moderna? Per capirlo Tiscali News ha sentito uno dei massimi esperti italiani nella materia, Silvestro Micera, professore di bioelettronica e ingegneria neurale alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e al Politecnico di Losanna.

Professore iniziamo dalla domanda che in tanti in questi giorni si stanno ponendo: come avviene il collegamento tra un chip e il cervello?
“La procedura concettualmente è molto semplice. Nel cervello si inseriscono degli elettrodi. Si tratti di aghi sottili completamente isolati con una punta metallica che consente un collegamento elettrico tra il cervello e un sistema elettronico esterno, ovvero il chip, in grado di registrare gli impulsi elettrici del cervello”.

La trasmissione dei segnali è solo unidirezionale (dal cervello al chip) o può essere anche bidirezionale?
“Se come riferimento prendiamo la tecnologia di Neuralink è unidirezionale ma in generale può essere anche bidirezionale”.

L’obiettivo dichiarato della tecnologia è medico ma c’è il rischio che nel medio/lungo periodo possa essere estesa a tutte le persone, anche quelle sane, con l’intento di arrivare a un uomo aumentato come auspicato dal Transumanesimo H+?
“In linea di principio la risposta è affermativa. E’ cioè possibile immaginare che questa tecnologia tra 30 anni possa essere utilizzata anche dalle persone normodotate ed è anche possibile che l’idea di fondo di Elon Musk sia proprio questa, ma è importante precisare che al momento gli impianti celebrali sono possibili solo per uso clinico. E’ cosi a livello planetario e lo sarà di sicuro per moltissimi anni. Esiste poi un problema tecnico di non secondaria importanza. Gli impianti celebrali esistenti non durano tanto, per motivi vari dopo qualche anno smettono di funzionare o funzionano sempre peggio. Finché non si risolve questo problema è difficile pensare a una diffusione della tecnologia anche tra le persone normodotate”.

Spesso la fantascienza diventa realtà. I libri di William Gibson, che hanno ispirato film di grande successo come Matrix, hanno introdotto l’idea di un uomo connesso a una matrice informatica. Ci sono possibilità che questo sia davvero possibile?
“L’idea della matrice necessita di un collegamento cervello macchina molto ricco e per fare questo bisognerebbe riuscire a collegare in maniera poco invasiva gran parte della corteccia celebrale, ma la tecnologia esistente è ancora molto lontana dal poter fare questo. La rilevanza di Neuralink è che è riuscita a passare da centinaia di elettrodi a migliaia. Per arrivare a controllare solo la parte motoria si dovrebbe passare a milioni di elettrodi. Per arrivare a immaginare di essere connessi a una matrice servirebbero miliardi di elettrodi. L’ordine di grandezza necessario è dunque milioni di volte superiore a quello raggiunto attualmente”.

Quindi l’idea della connessione del cervello a una matrice informatica almeno per il momento è ancora fantascienza.
“Esatto. Tra 30/50 anni potrebbe anche diventare realtà ma a patto che migliori anche la conoscenza  del cervello. Degli aspetti cognitivi conosciamo solo una piccolissima parte”.

Quali problemi di natura etica solleva l’uso delle neurotecnologie?
"Al momento, nessuno. L'installazione di un impianto cerebrale non è priva di rischi e non comporta benefici rilevanti per una persona normodotata. Inoltre, come ho già detto, al giorno d'oggi nessun ente governativo di nessuna nazione al mondo approverebbe l'uso di questa tecnologia al di fuori dell'ambito clinico. È chiaro, tuttavia, che non possiamo escludere progressi sorprendenti, quindi è importante iniziare a riflettere sul tema per comprendere e decidere cosa si può e cosa non si può fare. Personalmente credo che questa tecnologia dovrebbe avere solo applicazioni cliniche". 

La tecnologia digitale è partita con tanti attori ma ora di fatto è dominata da poche grandi compagnie come Apple, Google, Microsoft, Amazon e così via. C’è il rischio che lo stesso avvenga in questo settore con realtà come Neuralink?
"In realtà è già cosi. Le tecnologie impiantabili neurali esistenti, per esempio quelle per i pazienti sordi o affetti da Parkinson, sono già gestite da 4/5 grandi aziende nel mondo. Questo perché arrivare nel mercato con una tecnologia impiantabile richiede degli sforzi enormi. Però questo scenario potrebbe cambiare in futuro perché il settore sta attirando volumi di investimento sempre maggiori che favoriscono l’ingresso di nuovi attori”.

Silvestro Micera
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